Credo che molte cosa cambieranno, sotto molteplici punti di vista.

Cambierà la percezione di alcuni lavori ritenuti umili/umilianti. Fino a ieri andare a “far le pulizie” a “raccogliere lo sporco” era un ripiego che solo categorie ritenute di ceto sociale basso svolgevano. Nell’emergenza tutti ci siamo accorti di come questi lavori siano essenziali per la nostra vita. Non dico che dopo questa emergenza avremo file di persone che vogliono fare lavori umili, ma nella percezione comune questi lavori hanno acquisito dignità. Anche gli infermieri che rispondono agli annunci (per 600 posti in 7000) non è solo per il lavoro, ma è perché l’emergenza muove il valore, fa sentire gli individui in grado di poter fare qualcosa per la comunità, di sentirsi utili. Ciò ha mostrato come le persone cerchino un lavoro che dia senso alla loro esistenza. Pensate al volontariato, a quante sono le persone che non hanno mai fatto volontariato e che in questi giorni si sono messe a disposizione, per azioni più o meno semplici. Nel volontariato stava forse mancando il “valore”, il senso del fare, dell’agire, dell’essere protagonista di un’azione che può incidere sulla vita delle persone. Tutto questo per dire che dobbiamo ritornare a lavorare sul “valore” di ciò che facciamo e proponiamo. Penso che dopo tutto questo gli iscritti ad infermieristica aumenteranno in modo esponenziale, che le persone accetteranno di fare lavori umili perché comunque essenziali, e i volontari – se saremo capaci di motivarli, indirizzarli e dargli un valore nelle azioni che fanno – resteranno.

Un altro elemento che è emerso con prepotenza è la tecnologia a supporto della vita della persone. Nelle emergenze, guerre, pandemie, etc. si mettono in movimento energie che fino a quel momento erano latenti: pensate – come detto – ai nuovi volontari, ma anche alla sburocratizzazione di alcuni processi, l’utilizzo di e-learning, smart-working, spesa a domicilio, etc. Il nuovo mondo posto Covid-19 non potrà negare “che si può fare”, come si dice in un bel film di Bisio. Quindi cosa ci rimarrà e cosa c’è ne faremo? Un problema molto forte è l’inquinamento; l’aver bloccato tutto per alcune settimane ha in parte migliorato la qualità dell’aria. Potrebbe quindi essere che nel nuovo mondo un giorno alla settimana si blocchi tutto e dove è possibile si utilizzi lo smart-working, e-learning, etc? E che i medici di base continuino ad inviare le ricette via WhatsApp (in futuro si potrebbero affermare servizi di e-care: ti visito da remoto con strumenti che sono inseriti nel tuo orologio).

Per un periodo della nostra storia ci siamo accorti che esistono i giovani: non si ammalano, fanno volontariato, lavorano, sono tecnologici, sono indispensabili, sono il futuro. In internet impazzano tutorial di ogni genere, necessari per e-learning ma anche per l’analfabetismo di ritorno, per il digital divide (nonni che chattavano in video conferenza). Dopo che abbiamo alfabetizzato gli italiani con la RAI, li ri-alfabetizziamo con i tutorial.

Abbiamo inoltre rimesso al centro la questione morte, momento che tutti vivremo prima o poi e che tutti accantoniamo e non affrontiamo: credo che dopo l’emergenza le persone si riverseranno nei cimiteri alla ricerca di parenti, vicini o lontani. La società individualista e iper egocentrica precedente al Covid-19 si è accorta che esiste la morte, che necessita di un rito di passaggio (vivo – morto) per dar quiete a vivi. Le parole delle persone “non me l’hanno lasciato vestire” sono molto forti: seppellire un morto nudo, vuol dire non averlo celebrato. La morte e la solitudine dell’anima: in questo tempo molti hanno riscoperto di avere un’interiorità che necessità di essere bagnata. Il Covid porterà le persone a confrontarsi maggiormente con le religioni o con il mondo spirituale, perché ci siamo accorti di essere fragili. Chiese più piene?….forse! di sicuro i cimiteri saranno più visitati.

Il Covid-19, infine, ci ha mostrato come il km zero non sia fattibile: produrre vicino per vendere vicino è un meccanismo difficile e nell’immediato impossibile. Ma se non è il km zero, sarà il km 2: 2 km per arrivare ai servizi essenziali. Farmacie, negozi di alimentari grandi che dovranno ripensarsi (perché la GDO non vive di code per entrare ma di massa) mentre il piccolo negozietto a km 2 (a piedi due km sono circa 20 minuti) è necessario. I due mondi dovrebbero convivere non competere. La GDO potrebbe essere l’attore che si connette con piccoli negozi di quartiere. Il piccolo negozietto potrebbe essere un nodo di quartiere che contiene tutto il necessario per un’emergenza. Quindi ripensare i quartieri in un’ottica di emergenza non sarebbe male, vuol dire ricostruire il tessuto urbano e animare gli spazi di zone morte. Questa emergenza ha mostrato come le distanze sono un muro che possiamo abbattere solo con i mezzi di trasporto ma se prevedi che in ogni quartiere, paese, città ci possano essere servizi raggiungibili a piedi, probabilmente potrai incentivare le persone a muoversi con mezzi sostenibili. Ricordiamoci che l’inquinamento rimane un problema.

In un contesto che ci spingeva a correre, vivere, amare e consumare tutto in una notte, ad un certo punto ci siamo fermati e abbiamo capito che non serve correre per assaporare la vita, anche la lentezza ha il suo fascino. Certo immagino un mondo non edulcorato: alcuni processi erano già in atto e si sono accelerati, altri sono nati e bisogna coltivarli. Le persone non sono né migliori né peggiori di prima, ma l’emergenza ha dimostrato come i processi cognitivi delle persone cambiano in base a come l’informazione viene impostata, a quanto riesci a far percepire quello che provano gli altri. All’empatia che crei. Certamente daremo più valore alla gestualità: fino a ieri era solo cortesia, da domani sarà bellezza. Perché? La mascherina ci obbliga a guardare le persone negli occhi (che sono lo specchio dell’anima), cosa non sempre facile in passato. In questa occasione diventa motivo profondo di comunicazione diretta e molto empatica, più dell’abbraccio. Dietro allo sguardo si nasconde l’abbraccio mancato. Stiamo vivendo una situazione strana, con un Mondo al contrario nel quale il mezzo tecnologico diventa uno strumento necessario per avvicinarci alle persone; prima le allontanava e le isolava, in questo momento le avvicina e le unisce in attesa dell’incontro. Come degli amanti siamo tutti in attesa di rivivere e apprezzare la socialità data dall’incontro fisico.

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