Immaginatevelo.

Fate un bel salto indietro nel tempo. E’ il 1848: tra 13 anni sarà proclamata l’Unità d’Italia. E’ autunno. Un ottobre piemontese, in prima collina, con l’odore della terra bagnata che si infila tra le vie dei piccoli paesi. Siamo a Pinerolo, ai piedi delle valli Valdesi del Piemonte.

Immaginatevi un martedì sera sera un po’ nebbioso, finito il lavoro. Entriamo in paese calpestando il selciato umido illuminato da pochi lampioni a gas e apriamo la porta della locanda del Cavallo Bianco.

C’è un grande tavolo a cui siedono 12 uomini. Antonio Rossi, meccanico ferroviere, e undici suoi compaesani: un calzolaio, un doratore, quattro falegnami, due sarti, un capomastro, un decoratore e un meccanico. Si passano l’un l’altro, seri e attenti, un documento su cui mettono la firma: è l’atto con cui nasce la prima Società Operaia di Mutuo Soccorso d’Italia. Operaia nel senso ottocentesco della parola, cioè aperta non solo ai salariati, ma anche agli artigiani e a tutti coloro che vivono del loro lavoro anche intellettuale, come i maestri e gli impiegati. Sta nascendo la prima mutua generalista italiana, la prima in cui l’elemento comune è l’abitare nello stesso paese, e non più l’appartenenza professionale omogenea (i militari, i calzolai, minatori) come era stato fino ad allora.

Sono tempi duri per i lavoratori: non esistono protezioni per malattia, vecchiaia o invalidità. Le corporazioni di categoria propongono forme di mutuo soccorso tra simili, ma questo sistema protegge comunque i più ricchi: i notai possono permettersi di versare di più e quindi hanno protezioni maggiori dei contadini, e in ogni caso tante categorie non hanno nessuna tutela neanche di settore.

Antonio Rossi su questo problema ci ha perso la testa. Ci ha lavorato per anni, ispirato da esperienze francesi. Ha preso contatti con altre città italiane ed estere. Ha parlato con religiosi e notai, intellettuali e circoli culturali. Ha discusso fino alla lite con compaesani e politici, arrivando persino a doversi trasferire per un periodo in un’altra città. Ha coinvolto colleghi e concittadini, inclusi alcuni di visioni politiche assai diverse e con cui resterà in conflitto per anni. Ma ora è il momento decisivo. Lo Statuto nuovo è pronto, i primi firmatari sono attorno al tavolo al Cavallo Bianco, e il futuro che lui ha sognato è finalmente presente. Il futuro è oggi.

Antonio, quel giorno, ’inventa uno standard’. In altri 4.000 paesi italiani, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, sorgeranno società simili, sulla scorta del regolamento della Società di Pinerolo, e quando il fascismo deciderà di sopprimerle ne troverà attive ancora 2000.

Ma torniamo a Pinerolo. Lo scopo dichiarato nello Statuto firmato quella sera da Antonio Rossi e dai suoi soci è “l’unione, la fratellanza, il mutuo soccorso e la scambievole istruzione”. Le risorse su cui la Mutua conta sono i contributi settimanali di tutti i soci (nel 1848 ogni socio versa al segretario-esattore 20 centesimi alla settimana): contributi individuali minuscoli, ma che uniti consentono un grande scopo,

La società garantisce da subito ai soci il sussidio per malattia e infortunio, il medico sociale, il sussidio alle vedove e agli orfani e persino un accompagnamento funebre che rende onore e dignità al socio, non più straccione tra gli straccioni.

Si organizzano ben presto per i soci e i loro figli corsi per imparare a far di conto, e a leggere e scrivere in italiano (questione per niente scontata in una nazione appena unificata), e in poco tempo la biblioteca della società arriva ad offrire ai soci testi di letteratura internazionale, libri scientifici, testi filosofici. Non mancano tra le proposte gite di istruzione e feste che portano a Pinerolo gli ultimi ritrovati della tecnologia del tempo: cinematografo e fuochi artificiali.

La Mutua non abbandona neanche chi è costretto ad emigrare in altre regioni o persino all’estero. Con numerose Società in Italia, in America Latina ed in altre nazioni nel mondo la Mutua stipula un “patto di reciprocanza” per cui il socio acquisisce il diritto di accedere agli aiuti della Società di mutuo soccorso del luogo in cui emigra.

Da allora il mondo è cambiato tante, ma proprio tante, volte. Ma da allora nella Sala del Consiglio di cui la Mutua si è dotata appena ha potuto avere una sua sede, troneggia lo stemma: due mani che s’incrociano. Due mani con abbigliamento diverso a testimoniare doversi mondi del lavoro. Un gesto che per noi, al tempo del Covid 19, è pieno di nostalgia, e racconta in silenzio un patto sociale: diamoci la mano e diamoci una mano.

Nella Sala del Consiglio, a dire il vero, quello stemma troneggia ancora. Nella prima sede della Mutua è oggi ospitato un piccolo, incantevole Museo dedicato alla storia della mutua pinerolese e del mutualismo italiano. Chiude il museo una installazione artistica sul rapporto tra donne e mutualismo che tocca il cuore, e lucida l’orgoglio delle donne cooperatrici.

Che dite, andiamo insieme a vederlo?

Per saperne di più:
Museo storico del Mutuo soccorso
Via Silvio Pellico 19
Pinerolo (Torino)
http://www.museodelmutuosoccorso.it/

Per approfondire le vicende tortuose e appassionanti che hanno portato alla nascita della prima Mutua pinerolese (sembra niente, e invece è successo di tutto: intrighi politici, faide interne, votazioni truccate,… Praticamente House of cards!), si può leggere un piccolo saggio ben documentato: http://www.alpcub.com/storia/soms1.pdf

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