La cooperativa per cui lavori è una realtà importante con progetti innovativi sul territorio. Come avete vissuto il lockdown?

Prendo l’esempio di un nostro progetto di punta: Cascina Bellaria che gestisce un ristorante e un ostello. Il più penalizzato è stata l’ostello perché la riduzione di turisti a Milano è stata del 70%. Prima di Covid le camere con uso cucina si vendevano a 90/100€ l’una, oggi si propongono a 40/50€ e ci litighiamo i visitatori con gli altri alberghi della zona. Per reagire abbiamo scelto di innovare, cioè di cercare altri mercati per i nostri servizi: ad esempio abbiamo riconvertito le camere dell’ostello ad alloggio per affitti temporanei a persone anziane, a chi per situazioni connesse al Covid aveva bisogno di un alloggio, a giovani in cerca di abitazioni. La strategia è stata: limitare i danni e cercare fattori innovativi.
Diverso è stato il caso della Trattoria Solidale: è un progetto che tra il 2019 e il 2020 stava andando benissimo. Anche i primi mesi del 2020 sono stati positivi, al di sopra delle nostre previsioni. Dopo il primo lockdown, a maggio, siamo ripartiti subito con la ristorazione da asporto e i mesi successivi fino ad ottobre sono andati molto bene tanto che abbiamo recuperato la perdita accumulata nel primo lockdown e quindi eravamo in linea con le proiezioni dell’anno. A fine ottobre la nuova chiusura ci ha frastornato. Anche qui abbiamo provato a lavorare su mercati diversi: valorizzare il parco in cui siamo inseriti promuovendo cucina da asporto presso il chioschetto che gestiamo, consegne a domicilio di pasti freddi monoporzione facili da riscaldare… Non è comunque bastato: il settore del food ha subito una perdita consistente e per giunta la ristorazione non corrisponde al nostro codice Ateco prevalente per cui non abbiamo potuto nemmeno accedere ai sostegni economici governativi. Insomma: un bel mucchio di problemi!

Tu personalmente come lo vivi questo momento?

Io sono abituato a programmare molto ma in questo momento è proprio impossibile. Il contesto è imprevedibile.  Da subito, in marzo, ci siamo detti che dovevamo prendere decisioni senza sapere che impatto avrebbero avuto le nostre scelte e come il virus avrebbe cambiato la nostra vita: in che modo, per quanto tempo…. L’esatto contrario della pianificazione, insomma. Io sono abituato a lavorare molto usando i budget previsionali come strumento di pianificazione (per dire… ne abbiamo già fatti quattro per il 2021), ma oggi senza avere possibilità di confronto storico ho la sensazione di essere su una macchina che non riesco più a guidare.

Come avete gestito la situazione della cooperativa sul piano operativo? Avete dovuto fare ricorso a cassa integrazione e licenziamenti?

Siamo partiti subito con la cassa integrazione (il Fis, nel nostro caso) che per alcuni di noi è ancora attivo. Abbiamo fatto molti incontri con i dipendenti on line e in presenza quando possibile, per informare continuamente e sostenere le motivazioni per andare avanti: la preoccupazione personale è stata molto forte da parte dei dipendenti perché hanno visto in crisi il loro mondo e la possibilità di avere un reddito. Abbiamo lavorato molto con la progettazione: ne facciamo sempre tanta e quest’anno è ulteriormente cresciuta. Su 2 milioni di fatturato (in diminuzione) 400.000€ sono ricavi da progettazione soprattutto legati ai cambiamenti in atto: dal bando Lets Go di Cariplo alle vacanze per persone disabili in ostello a Milano con la Fondazione Comunitaria Milano. Questo ci ha permesso di mantenere l’equilibrio nel bilancio che è fragile dal punto di vista della patrimonializzazione. Questo è da sempre un nostro problema, ma oggi ci mette in condizione di non poter reggere grosse perdite.
Abbiamo elaborato una serie di misure per ottimizzare le risorse sia umane che tecniche e limitare il danno. Quindi abbiamo fatto parecchi incontri come direzione e cda, anche con i dipendenti, informando sul trend del bilancio che aveva una previsione molto negativa a maggio, mitigata dopo l’estate e a fine anno arrivata a un sostanziale pareggio.

Rispetto ai ragionamenti che abbiamo fatto fin qui, qual è la perdita che sei disposto ad accettare per costruire il futuro che vorresti per la cooperativa?

Il futuro ci chiede di innovare molto e quindi sarà necessario dedicare a questa funzione molto più tempo di quanto siamo già abituati a fare. Dovremo tutti, anche io, pensare alla cooperativa, aggiungere tempo ed energie a fianco all’ordinario e farci venire idee particolari anche cercando di immaginare dove ci saranno risorse domani e su quali nuovi mercati (recovery found). Poi dovremo necessariamente incrementare il patrimonio con obiettivi di sviluppo e stabilità.

E’ cambiato il tempo che dedichi al lavoro?

Non è solo questione di quantità. Prima era un tempo più programmato e quindi più agevole. Oggi è un tempo pieno di strappi: ci sono momenti in cui le attività devono essere più produttive e in quel momento devi dare il 200%, e devi trasmettere questo messaggio di investimento e flessibilità anche ai lavoratori. Chi lavora nel settore food -ad esempio- nell’estate deve sfruttare il periodo positivo anche lavorando 10/12 ore al giorno, mentre nei mesi invernali c’è più calma.

Siete tutti coinvolti allo stesso modo in questo cambiamento di organizzazione del lavoro?

In termini di principio si: abbiamo spiegato subito quali atteggiamenti e disponibilità servivano per ottimizzare il lavoro e ‘salvare la baracca’. Chi era in Fis ha accettato la situazione e la cooperativa da parte sua ha integrato il contributo portandolo all’80% della retribuzione, anticipando anche l’erogazione. In altri casi abbiamo chiesto alle persone di essere flessibilità sulle mansioni ad esempio dedicandosi alle sanificazioni per cui avevamo moltissime richieste, anche in contesti in cui il Covid era presente. In questo caso la cooperativa ha investito impiegando dispositivi di protezione individuali in modo anche superiore a quelli indicati dalle norme di sicurezza, ma le persone hanno risposto positivamente.

Proviamo ora a ribaltare l’idea di perdita con l’idea di rinuncia: c’è qualche cosa che ti sembra utile perdere -anche se non è piacevole- in vista di scenari migliori?

Personalmente sono sempre stato un fautore delle piccole realtà cooperative. Oggi penso che dobbiamo rinunciare all’autonomia delle realtà di piccole dimensioni a favore delle aggregazioni in realtà più grandi. Il Covid ci ha fatto vedere il limite delle piccole cooperative e la loro fragilità. Piccolo è bello, il modo di lavorare e di funzionare di queste organizzazioni è a misura delle leadership. Oggi però è evidente come questa strategia sia debole, anche se continuo a ritenere che non sia opportuno arrivare a dimensione troppo grandi che di cooperativo hanno davvero poco. Ci sono parecchi strumenti di collaborazione e diverse formule che permettono la messa in rete di esperienze e competenze.

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